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Erika Langmuir


Anche se interamente del nostro tempo, le acqueforti di Isabella Collodi (e, a motivo del loro stile cosi’ simile, i suoi disegni ed olii) ci riportano ai tempi delle prime stampe eureopee di tema non religioso: incisioni del XV secolo di maestri quali Israhel van Meckenen e, piu tardi, il grande Albrecht Dürer . Eseguite non per essere appese sulle pareti, ma montate in album da collezionisti, queste immagini erano godute in privato, come le pagine di un libro, da “lettori” senza fretta seduti dinanzi ad una buona fonte di luce. E, come le opere di Isabella, privilegiavano fantasia ed inventiva; i soggetti, siano essi enigmaticamente allegorici, mitologici, giocosi, prevalentemente ornamentali, didattici o lascivi, sfidano chi li guarda a creare delle proprie narrazioni, perennemente aperte e mutevoli, mentre la tecnica virtuosistica genera ammirazione, sorpresa e soddisfazione durevoli. Quello che piu’ segnatamente distingue le stampe di Isabella da quelle dei suoi antichi predecessori e’ la loro manifesta femminilita’. Questo e’ evidente nel suo repertorio di motivi , sui quali ritornero’, e perfino piu’ immediatamente visibile nell’uso che l’artista fa di un’ampia e folta varieta’ di segni grafici – da minuti punti a linee - e dettagli figurativi che si configurano in disegni vivaci che sembrano, ma non sono, simmetrici. Una vasta gamma di sfumature e’ ottenuta attraverso l’uso della punta e dei processi stessi dell’acquaforte. Il risultato incarna l’estetica del ricamo, del genere di lavoro che in italiano e’ attribuito in modo fuorviante alle “mani di fata”. Fuorviante perche’ questo “lavoro da donne ” non e’ il risultato di delicata magia, neanche di mera destrezza manuale, ma di – comunque piacevole – meticolosa, paziente, fatica umana che stanca la vista, piega la schiena e punge le dita. Ed e’ cosi’ anche per l’arte di Isabella; la sua apparente spontaneita’ ed il suo fascino sono acquisiti a caro prezzo. Le superfici che vibrano ed appaiono iridescenti anche se monocromatiche, I motivi che conducono allegramente lo sguardo in giro per la pagina, in profondita’ e poi di nuovo in risalita , sono il risultato di sforzo fisico e mentale. Ogni stampa richiede mesi di lavoro, cosa che di per se’ probabilmente diventa una forma di meditazione. Ad un primo sguardo spensierato , il contenuto si rivela essere di un’attraente complessita’. La maggior parte di queste immagini contengono motivi tradizionalmente associati alla Femmina Eterna: notte, la luna, acqua e luoghi madidi, riflessi,cartomanzia, gatti. I nudi femminili ricorrenti sono di meno oggetti del voyeurismo maschile che I protagonisti delle loro stesse fantasie: Nostra Signora delle Tartarughe, I topi di Donna Luna. Ci sono anche gli animali. Il titolo della mostra attuale e’ Animali Perduti , ma sarebbe forse piu’ vero di parlare di animali recuperati dal magazzino della memoria e del subconscio: giocattoli portati a vita, animali totemici o talismanici, animali domati una volta temuti, animali desiderati , animali amati. Soprendentemente, i nudi femminili mutano in arieti e civette; emergono da gusci di chiocciole; cavalcano delfini o ratti meccanici, si confidano con tartarughe semi-umane. Ma queste non sono, come e’ l’Incendio nella Foresta di Piero di Cosimo nel museo Ashmolean di Oxford, rappresentazioni di una preistoria mitica in cui umani ed animali erano indifferenziati. Esprimono, credo, la preoccupazione moderna con la psicologia e i miti dell’individuo, riferita ad uno stato della prima infanzia definito da Freud “perverso polimorfo”, in cui gli impulsi sessuali non sono focalizzati, ma coinvolgono il corpo intero, e , per estensione, possono essere suscitati da tutti gli esseri animati. Le stampe della Collodi sono soffuse di erotismo, giocoso ma occasionalmente minaccioso, come quando un ratto nello sfondo allunga il muso per mordere l’inguine di una donna. La donna come soggetto sessuale e’ un motivo raro nell’arte occidentale, e in questo caso perfino piu’ straordinario, in quanto queste opere non sembrano tanto celebrazioni della sessualita’ femminile quanto ri-creazioni, attraverso una sensibilita’ e mezzi adulti, dei sogni di una bambina sulla sua futura sessualita’. Nel regno poetico delle immagini della Collodi, le leggi fisiche sono trasgredite , i confini dissolti, inibizioni e proibizioni superate. Il corpo nudo vulnerabile e’ difeso da una testa di ariete, e puo’ iniziare ad arrampicarsi fuori dal suo guscio protettivo. Questa e’ soltanto una delle possibili letture dell’opera di Isabella Collodi, ed ogni pezzo evoca molte storie. Chi si abbandona al piacere di guardare questi lavori da vicino sara’ ulteriormente ricompensato dal diventare complice dell’atto creativo.
Erika Langmuir OBE, former Head of Education, The National Gallery, London

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